Il quadro delle responsabilità in tema di anticorruzione e P.A. muta e si rafforza a partire dall’approvazione del decreto legge (poi convertito) n. 90/2014 (art. 19, comma 5) secondo cui: «In aggiunta ai suoi compiti, l’ANAC: a) riceve notizie e segnalazioni di illeciti; riceve notizie e segnalazioni da ciascun avvocato dello Stato, e soprattutto: «b) salvo che il fatto costituisca reato, applica, una sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a euro 1.000 e non superiore nel massimo a euro 10.000, nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l’adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione, dei programmi triennali di trasparenza o dei codici di comportamento».

Successivamente la stessa ANAC (Aggiornamento ottobre 2015) ha precisato che «Equivale ad omessa adozione: a) l’approvazione di un provvedimento puramente ricognitivo di misure, in materia di anticorruzione, in materia di adempimento degli obblighi di pubblicità ovvero in materia di Codice di comportamento di amministrazione; b) l’approvazione di un provvedimento, il cui contenuto riproduca in modo integrale analoghi provvedimenti adottati da altre amministrazioni, privo di misure specifiche introdotte in relazione alle esigenze dell’amministrazione interessata; c) l’approvazione di un provvedimento privo di misure per la prevenzione del rischio nei settori più esposti, privo di misure concrete di attuazione degli obblighi di pubblicazione di cui alla disciplina vigente, meramente riproduttivo del Codice di comportamento emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62».

Per cui se per «omissione», come risulta dal nuovo assetto normativo, intendiamo anche un piano adottato ma poco efficace (per la ragioni appena indicate) è possibile allora ipotizzare delle sanzioni. Ma sanzioni a chi…? Al Responsabile della prevenzione? Oppure all’intera catena di comando che interessa la strategia di prevenzione?

Sul piano soggettivo è facile ipotizzare che la responsabilità interessa sia l’organo politico (che adotta il Piano) sia il Responsabile della prevenzione che i (suoi) Referenti (quest’ultimi a seconda dell’area coinvolta nell’abuso o nell’illecito).
Infatti tutti cooperano alla corretta riuscita dell’azione preventiva. E dunque, in negativo, ne rispondono laddove risulti inefficace.
Ciò premesso occorre accennare al tipo e al riparto specifico delle responsabilità.
Sul riparto delle stesse non è utile diffondersi perché variabile da caso a caso.
Invece sul tipo di responsabilità – a parte le sanzioni prima indicate – con riferimento all’organo politico non opera la responsabilità dirigenziale; non opera la responsabilità disciplinare; tuttavia, quella per danno erariale e all’immagine della P.A. operano sicuramente e sono pur sempre di un certo peso economico.
Infine relativamente ai dipendenti pubblici possono senz’altro operare tutte le responsabilità sopraindicate.

  • Autore: Prof. Stefano Villamena
    Esperto in materia, Consulente e docente nella PA. Professore universitario di diritto amministrativo di ruolo Dottore di ricerca in Diritto Regionale e degli Enti locali